Da diversi anni ormai ha iniziato a diventarci sempre più familiare l’espressione “Intelligenza Artificiale” (abbreviata “IA” o, all’inglese, “AI”), che è entrata gradualmente nel nostro vocabolario di base con la solita naturalezza con cui i diversi termini associati alle nuove tecnologie diventano parte del nostro quotidiano.
Tecnicamente, quando si parla di IA ci si riferisce ad un software in grado di simulare l’intelligenza umana, grazie all’utilizzo di sistemi di apprendimento automatico (machine learning) come le reti neurali, che analizzano enormi quantità di dati ed “imparano” da ciò che hanno analizzato, proprio come noi umani.
Grazie all’IA acquistiamo su Amazon un nuovo prodotto tra quelli “suggeriti per te”, o ci risparmiamo ore di ricerca su Netflix perché sulla home page compaiono già i film e le serie che più probabilmente ci piacciono di più, perché l’IA ha cercato già per noi.
Ad oggi le applicazioni di Intelligenza Artificiale sono sempre più numerose: dagli assistenti vocali (Alexa, Siri…) o dai “robot” umanoidi, alle recenti auto senza pilota che guidano in piena città impostando il punto di partenza e quello di arrivo, arrivando alle cosiddette GANs, ossia immagini in tutto e per tutto identiche a reali ma create da un software di IA, dunque inesistenti (tra cui i cosiddetti deepfake di personaggi famosi), oppure alle fotografie ritoccate artificialmente da Image Enhancers che risparmiano al fotografo ore davanti a Photoshop e Lightroom alla ricerca dei parametri giusti per i propri file RAW, passando infine per app come Lensa, che creano artificialmente i nostri avatar sullo smartphones, mostrandoci ad esempio come appariremmo in un mondo CGI o cartoonesco.
Uno dei settori che però negli ultimi anni ha suscitato crescente interesse per la ricerca nella IA è quello della linguistica computazionale e Natural Language Processing (NLP): basti pensare, tra i tanti, a GPT-3, modello di AI rilasciato il 10 giugno 2020 dalla società OpenAI fondata da Elon Musk. GPT ha imparato a produrre automaticamente testi simili a quelli scritti da un umano, dopo essersi addestrato su un enorme corpus di libri, articoli e siti web.
Addestrandosi a sua volta su GPT, sempre da OpenAI a novembre dello scorso anno è stato rilasciato ChatGPT, l’ultimissimo modello di chatbot basato su intelligenza artificiale, nato allo scopo di rendere estremamente più semplice e fluida la conversazione con un essere umano, andando di fatto nella direzione di rendere del tutto invisibile l’interfaccia tra uomo e macchina, da anni auspicata dalla ricerca nella Human-Computer Interaction.
ChatGPT dà all’utente risposte più lunghe, più pertinenti e più sicure rispetto ai modelli precedenti, arrivando addirittura ad immaginare, ad esempio, casi surreali come il viaggio di Cristoforo Colombo nel 2023, descrivendo ciò che accadrebbe verosimilmente al contesto contemporaneo.
Questo software ha numerosissime applicazioni, come creare chatbot personalizzati che rispondono agli utenti in linguaggio naturale, completare automaticamente testi di utenti, generare automaticamente il parlato a partire dal testo e viceversa, creare articoli coerenti e naturali artificialmente, riassumere automaticamente lunghi testi in brevi, effettuare la cosiddetta sentiment analysis sui testi per capire se un testo è connotato positivamente, negativamente o neutralmente rispetto ad un argomento, tradurre automaticamente testi.
ChatGPT ha già 100 milioni di utenti attivi in due mesi: Instagram ha impiegato due anni e mezzo per raggiungere gli stessi risultati, ed il più recente TikTok circa nove mesi!
La principale “minaccia” di questo nuovo sistema sorge verso Google: ChatGPT potrà sostituire Google Search nel tempo, dato che mostrerà i risultati della ricerca direttamente agli utenti?
A questo “rischio” per Google, si è aggiunta l’ultima mossa da parte di Microsoft, che investendo in OpenAI ha deciso di utilizzare GPT-4 nella versione IA di Bing, creando una versione IA del suo motore di ricerca.
La casa di Mountain View ha allora deciso, forse ormai indietro coi tempi, di lanciare in risposta a tutto questo (in primis a ChatGPT) il suo nuovo chatbot basato su IA conversazionale, chiamato Google Bard, attualmente ancora in fase di test.
Tutto questo porta con sé importanti riflessioni etiche, che ci portano a riconsiderare il ruolo dell’uomo, che deve ridefinirsi in funzione di una nuova “intelligenza perfetta” e sempre più perfezionata, da lui stesso creata, che potrà sia aiutarlo in numerosi compiti nel quotidiano quanto, lentamente, sostituirlo.